PETROGENESI DELLE RIOLITI DEL RIFT ETIOPE

2006 
Il presente lavoro costituisce parte di un progetto di ricerca interuniversitario dal titolo: "Evoluzione del magmatismo e del vulcanismo nel settore centrale della rift etiopica principale". Tale ricerca aderisce al progetto dell'International Lithospheric Program "Mantle plumes, hotspots and geodynamic evolution of continental rifting and break-up" coordinato da M.Wilson e U.Achauer, che ha come oggetto lo studio interdisciplinare delle rift continentali. Lo scopo del lavoro e quello di studiare la petrogenesi dei prodotti acidi del vulcano Gedemsa (rift etiope). Esso infatti puo essere considerato un valido "paradigma" di tutto il rift etiope perche vi si ritrova la medesima situazione presente in tutta la valle: abbondanza di prodotti acidi, frequenza di prodotti basici, quasi totale assenza di composizioni intermedie. Nel Gedemsa l'assenza e totale, nella struttura regionale di rift ci sono solo alcuni vulcani centrali plio-quaternari (come il Cilallo, lo Ziquala, lo Yerer) di composizione trachitica e fonolitica sui bordi del rift. La scelta del vulcano Gedemsa come "area chiave" per lo studio delle vulcaniti e stata pure guidata dalla disponibilita di una cartografia geologica in scala 1:50000, strumento di partenza fondamentale per le ricerche in programma. Con lo scopo di perseguire le finalita appena descritte si e deciso quindi di campionare le litologie pomicee (nonostante le difficolta di preparazione dei campioni per le analisi chimiche) per un duplice motivo: in primo luogo esse rappresentano in assoluto i prodotti eruttivi acidi piu recenti del vulcano Gedemsa (datano infatti al massimo 1,8 Ma), emessi durante l'attivita vulcanica correlata alle ultime fasi tettoniche di formazione del rift, e ci si aspetta quindi che siano i prodotti affioranti meno modificati dall’azione degli atmosferili; in seconda istanza l'altra eventuale litologia acida sarebbe stata quella delle ignimbriti ma non si sono scelte poiche si tratta di prodotti fortemente intaccati dall'alterazione idrotermale di acque circolanti (alterazione resa ancor piu efficace dalla caratteristica di questo tipo di depositi, cioe quella di mantenere a lungo elevate temperature dopo la messa in posto). In questa tesi si presentano nuovi dati geochimica, petrografici e petrologici sulle pomici della caldera di Gedemsa e dei suoi dintorni ed il loro confronto con quelli di studi gia condotti, sempre su prodotti acidi affioranti nel rift. Da quanto emerso dallo studio dei campioni naturali si puo concludere che il trend di differenziazione ipotizzabile per essi, da trachiti comenditiche a pantelleriti, e teoricamente possibile attraverso un processo di cristallizzazione frazionata. Questo infatti e stato verificato con una modellizzazione di tipo mass balance. Tuttavia i risultati sperimentali evidenziano invece un trend diverso, da trachiti comenditiche a comenditi. Questi risultati, confrontati con quelli di Scaillet e Macdonald 2003 su campioni provenienti dal Kenia, suggeriscono la possibilita di un percorso evolutivo di queste composizioni che, muovendo da trachiti comenditiche, arriva a composizioni comenditiche e, per ulteriore evoluzione, a pantelleriti. Le condizioni di fugacita d’ossigeno piu appropriate per gli studi sperimentali sono quelle ridotte, come indicato dallo studio del geotermometro QFM (quarzo, fayalite, magnetite) e di quello degli ossidi di ferro e titanio nei campioni naturali, grazie ai quali si e riusciti a stimare la temperatura (700-800°C) e la fugacita d’ossigeno (log fO2 ≈ -20 ≈ NNO-3,5) pre-eruttive. Infine, per quanto riguarda i diagrammi di fase ricostruiti per le due serie sperimentali condotte a diverse fugacita d’ossigeno (NNO+1 ed NNO-2,3), essi sono profondamente diversi, vedendo la comparsa, nell’ordine, di ossidi, pirosseni, feldspati, olivine, quarzo (fluoroapatite presente in un solo campione) nella serie NNO+1 e di olivine, fluoroapatite, pirosseni, feldspati e ossidi (anfiboli presenti in quattro soli campioni) nella serie NNO-2,3. Questo diverso ordine di comparsa si riflette in un’evoluzione del fuso residuale verso composizioni impoverite in ferro totale in entrambi i casi, contrariamente a quanto ci si attendeva. Studi sperimentali presenti in letteratura e il lavoro di Scaillet e Macdonald stesso (2003) suggeriscono infatti un’evoluzione dei fusi residui verso composizioni arricchite in ferro totale al procedere della differenziazione, soprattutto per gli esperimenti condotti a basse fugacita d’ossigeno. Nel nostro caso, anche la serie di esperimenti piu ridotti mostra un impoverimento in ferro totale nei vetri, andamento che, dai calcoli fatti, sembra essere l’efetto della precoce cristallizzazione di olivina ricca in ferro, anziche di ossidi (come e il caso delle serie di esperimenti piu ossidati). Questa significativa differenza osservata fra i campioni sperimentali MER e quelli del Kenia (Scaillet e Macdonald, 2003) evidenzia che le differenze di composizione degli starting materials usati, piu evoluti e meno ricchi in ferro per Scaillet e Macdonald, meno evoluti e piu ricchi in ferro per i campioni del presente lavoro, sembrano avere un peso tutt’altro che trascurabile.
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